Sette brevi lezioni su Aristotele by John Sellars

Sette brevi lezioni su Aristotele by John Sellars

autore:John Sellars [Sellars, John]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EINAUDI
pubblicato: 2023-11-17T12:00:00+00:00


V.

I benefici della letteratura

Atene era un centro culturale di primo piano nel mondo antico. Non sorprende, quindi, che Aristotele avesse deciso di tornarci dopo la morte di Filippo di Macedonia. Come abbiamo appena visto, una delle molte ragioni per cui Aristotele pensava che si dovesse vivere nelle città-stato è che esse erano abbastanza grandi da supportare una ricca vita culturale, e a tal fine non c’era posto migliore di Atene, con la sua vivace comunità di filosofi, artisti e poeti. Avendo già vissuto lí per vent’anni, piú a lungo di quanto avesse vissuto in qualsiasi altro posto, può essere che Aristotele semplicemente ci si sentisse a casa, anche se ufficialmente era un meteco. Forse aveva ancora degli amici all’Accademia, e la stessa Accademia, in quanto comunità di persone affini, tutte dedite alla filosofia, poteva essere stata un richiamo significativo. E, come sappiamo, Aristotele pensava che godere di una ricca vita culturale facesse la differenza tra il semplice sopravvivere e il vivere una vita umana piena e interessante.

Uno dei vertici della vita culturale ateniese era rappresentato dal teatro, tanto la tragedia quanto la commedia. Ogni anno, durante le feste di Dioniso, la popolazione ateniese si riuniva per assistere alle nuove opere teatrali, rappresentate e giudicate in competizione. Fu nel secondo periodo di Aristotele ad Atene che il teatro di Dioniso, in cui aveva luogo la celebrazione, fu ricostruito sul pendio meridionale dell’Acropoli. Questa nuovissima arena di marmo poteva contenere circa quindicimila persone. È possibile che Aristotele abbia presenziato alla sua riapertura. Lí, avrebbe potuto vedere anche le statue, erette di recente, di Eschilo, Sofocle ed Euripide, che erano già diventati i tre tragici canonici, proprio come lo sono per noi oggi. Anche se è possibile che la tragedia abbia avuto i suoi inizi altrove, questa forma d’arte fu sviluppata e perfezionata ad Atene e i tre tragediografi per eccellenza erano tutti ateniesi.

Aristotele era chiaramente un frequentatore assiduo del teatro. Nel suo libro sulla Poetica, egli nomina molte opere di molti autori diversi, la maggior parte delle quali è sfortunatamente perduta, ma parla anche dei drammi di Eschilo, Sofocle ed Euripide sopravvissuti fino ai nostri giorni. Aristotele afferma che ci sono due cose a cui è molto interessato in tema di dramma e poesia (e potremmo estendere il discorso alle opere d’arte in generale), cioè come sono fatte e l’effetto che hanno sulle persone. Per sapere come farle, dobbiamo sapere che cosa sono e quali sono le parti che le costituiscono. In questo senso, il suo approccio alla fine non era diverso da quello che caratterizzava il suo studio degli animali e del resto del mondo naturale. Egli usa lo stesso metodo qualunque sia l’oggetto di studio. Ciò che tutte le arti condividono, afferma, è il fatto di essere tipi di imitazione. Nell’antichità, i filosofi come Parmenide scrivevano in versi, ma questo non qualificava le loro opere come poesia nel senso in cui Aristotele la intende nella Poetica, dove si concentra sulla creazione artistica imitativa.

L’imitazione può assumere molte forme; nel dramma, i poeti «imitano persone in azione».



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